mercoledì 4 novembre 2015

L'esordio vincente della scrittrice con un nome: Alice Basso

«Devo chiederglielo, Sarca. Mi faccia capire. Come ha fatto a impararlo? Ci è nata? O lo è diventata a un certo punto della vita? E, se è così, a causa di cosa?»«Mi scusi ma non capisco, commissario. "Diventata" come?»«Ma così Sarca. Capace di entrare nella testa degli altri. (…)»
È così: Silvana (Cassandra) SarcaVani per gli amici, se di amici si può parlare per questa fanciulla solitaria e cupa – trentaquattro anni, residente in quel di Torino – la zona meno chic, intendiamoci – ha la capacità innata di immedesimarsi nei panni degli altri. O meglio, ha la capacità di diventare qualcun altro: pensare allo stesso modo, parlare allo stesso modo, ma soprattutto scrivere allo stesso modo. Perché scrivere è una delle cose che Vani sa fare meglio.
Questo personaggio strambo, che veste sempre di nero, che non si separa mai dal suo lungo impermeabile logorato dal tempo e dal grigiore torinese, con un ciuffo di capelli – anch’esso nerissimo, beninteso – che le copre quasi completamente l’occhio sinistro, insomma, questa Vani Sarca che tanto somiglia a Lisbeth Salander, è la protagonista di un esordio letterario a dir poco sorprendente. Lei è la ghostwriter che ci presenta Alice Basso nel suo primo romanzo L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome (Garzanti, 2015, pp.271).



 No, non è la solita storia a sfondo rosa, e no, non è la solita storiella costruita nell’ambiente editoriale, dove i libri sembrano essere l’unica ragione di vita per il protagonista. Questa è una vicenda che fa leva soprattutto sull’originalità: Vani è una ragazza disillusa, disincantata, che non si fida più della gente e che si tiene lontana dalla calca della mondanità, è sarcastica, apparentemente sprezzante, annoiata da qualsiasi cosa, in una parola ferita. Sì, perché al di là dell’aspetto aggressivo, degli stivali che vorrebbero intimorire e del rossetto viola che impone una barriera tra lei e il resto del mondo, Vani ha un passato fatto di piccole mancanze, di fugaci sguardi di disapprovazione, di brevi e spensierate battute che hanno minato, a poco a poco, il vissuto di una Donna Diversa. Lei non è come tutti, lei ha grandi qualità, lei è capace di essere qualcun altro senza perdersi mai di vista. Come sfruttare questo dono, accuratamente affinato con lo scorrere del tempo? Scrivendo romanzi per questo fantomatico qualcun altro. Ed ecco che la signorina Sarca diventa la ghostwriter per le Edizioni L’Erica.
L’empatia profonda e l’intuito formidabile porteranno Vani a scrivere per diversi autori, fino a quando non arriva L’Autore per cui scrivere Il Libro. Si tratta di Riccardo Randi, scrittore che ha già accumulato un discreto successo, ma che ora non riesce a destreggiarsi nei meandri del classico “blocco”. Enrico Fuschi, editore delle Edizioni L’Erica, nonché capo di Vani, per la prima volta decide che è necessario che la ghostwriter incontri l’autore per capire che cosa ne sarà del lavoro. Non solo Più dritto di una corda di chitarra diventerà un romanzo di grande successo, ma anche il cuore di Vani sembrerà aprirsi dopo tanto tempo ai languori dell’amore, complice una immediata sintonia che sembra instaurarsi tra la ghostwriter e Riccardo.
Purtroppo questo vivace momento sentimentale cozza con gli impegni lavorativi della dottoressa Sarca, perché Vani, in questo momento, non può distrarsi: sta lavorando ad un nuovo romanzo di una nota scrittrice, Bianca Dell’Arte Cantavilla, famosa per le sue Cronache angeliche, in cui riporterebbe i messaggi che le riferiscono gli angeli con cui è in contatto.
Niente di più lontano da Vani, eppure deve, come sempre, svolgere brillantemente il suo lavoro, salvo incappare in quello che, per lei, sarà un vero e proprio caso da risolvere. Bianca è scomparsa. Sarà proprio Vani ad aiutare il commissario Berganza a seguire la pista che li porteranno alla soluzione del caso.
Come detto in precedenza, non si tratta di una storia d’amore, non si tratta di un giallo, non si tratta neanche di una commedia a sfondo prettamente comico. L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome è tutto questo messo insieme, in modo a dir poco magistrale e intelligente. Accanto alla quotidianità di Vani, fatta di libri, scrittori da studiare, analizzare e “riprodurre”, scivola di sottecchi la vicenda sentimentale con Riccardo. Mentre la protagonista cerca di districarsi con una materia – l’amore – che ha dimenticato per troppo tempo chiusa nel cassetto, si insinua nella sua vita un caso di sequestro di persona, che la porterà ad incontrare un commissario che crede fermamente nelle sue qualità, riconoscendone un talento unico e per questo utile allo svolgimento delle indagini.
Con una scrittura che oscilla tra ironia, sarcasmo e la leggerezza classica dell’informalità, Alice Basso crea un personaggio a cui è impossibile non affezionarsi, complice uno stile che subito stringe amicizia con il lettore. Vani Sarca possiede una particolarità: esteriormente assomiglia a Lisbeth Salander, ha la stessa pungente e acuta ironia dei migliori protagonisti di romanzi gialli, e tuttavia è un personaggio che riesce a somigliare solo a se stesso, unico nel suo genere.
Vani conserva mille sfumature, tipiche di chi è integro fuori ma lacerato dentro: dietro al sarcasmo, all’ironia di cui si serve per attaccare, prima ancora di essere attaccata, si nasconde la bontà dei disillusi, che poi così disillusi non sono mai.
“È precisamente questo – questo mio vacillare sul bordo del dubbio – che mi fa incazzare.Io odio sentirmi destabilizzata”.
Chi è in realtà Vani? Non è forse il genio incompreso che si rifugia dietro al paravento del menefreghismo, per paura di sporcarsi le mani con la vita? Per paura, forse, di rimanerci di nuovo male, memore delle ferite di un’intera esistenza, ancora non del tutto risanate, sempre pronte a riaprirsi e a sanguinare?
A mano a mano che si procede con la lettura, ci si accorge che proprio questa protagonista – apparentemente tutta d’un pezzo, avvolta nel suo impermeabile nero – ha bisogno di evolversi, di crescere, di conoscersi anche, e lo fa con il lettore, di fronte al lettore. Si mette a nudo ed impara a mettersi in gioco proprio in corso d’opera.
È per questo che L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome non è solo un romanzo in cui la saccente protagonista insegna al pubblico come districarsi nel mondo dell’editoria, come fare del proprio lavoro un CAPOlavoro, ma insegna soprattutto l’arte dell’esistere, che è ben diverso dal saper vivere. Esistere implica l’esserci, con tutti i sentimenti e con tutta l’intuizione di cui si è capaci. La costruzione – o, come in questo caso, la ri-costruzione – di se stessi avviene sempre mettendoci la faccia, proprio come sceglie di fare Vani.
“Nessuno si propone mai per un ruolo da ghostwriter. Intanto perché è un ruolo di merda: tutti vogliono diventare scrittori, nessuno vuole che qualcun altro firmi i suoi libri. E poi perché è un lavoro maledettamente difficile. E, infatti, rarissimo”.
Ed eccoci al tema chiave del romanzo: il lavoro di ghostwriter. Quello di Alice Basso è forse il primo caso in Italia in cui il protagonista di un romanzo d’esordio è un personaggio scomodo, che fa un lavoro altrettanto scomodo e di cui si parla davvero pochissimo. Questa volta si guarda al mondo dell’editoria con occhi decisamente differenti: in primis in modo molto più disincantato, e per questo più realistico; in secundis si parte dal presupposto che il pubblico sia anche un pubblico curioso. Quanti dei lettori della Basso saranno degli aspiranti scrittori? Quanti degli aspiranti editor, redattori, ghostwriter (perché no?) o semplici appassionati della materia? Ebbene la giovane autrice di carne sul fuoco ne mette a volontà, regalandoci un nuovo e originale punto di vista, con l’aiuto dello sguardo attento di chi lavora nel buio, dietro le quinte.
Accanto alle descrizioni particolareggiate ed esilaranti dei singoli personaggi, troneggia la figura del commissario Berganza: sebbene assomigli molto al Philippe Marlowe di Chandler, tuttavia – anch’esso – riesce ad assomigliare realmente solo a se stesso. Nessun intuito sopraffino – e artificioso – alla Sherlock Holmes: questa volta abbiamo qualcosa di molto più realistico, abbiamo un commissario preparato, che sa il fatto suo e che si avvale dell’aiuto di una giovane donna che riesce ad entrare nella mente delle persone. All’umiltà – inaspettata – e al coraggio di Berganza, si mescolano grande intelligenza e soprattutto una preparazione letteraria che riecheggia, in verità, in tutto il romanzo.
Ed ecco l’altro punto di forza del libro: Alice Basso sfodera la sua cultura in campo letterario ed artistico senza che il lettore ne venga sopraffatto. Inserisce citazioni colte in ogni anfratto disponibile del romanzo, nei dialoghi tra i personaggi, nel finale che, pur non contenendo in modo esplicito dei riferimenti letterari, resta pur sempre un finale degno dei migliori gialli della Christie, in cui sembra di sentir parlare un Poirot in gonnella.
Prendendo sapientemente in giro i grandi classici della cultura internazionale, la Basso insegna senza mettersi in cattedra, ma piuttosto gioca con il lettore stimolandone la vivacità intellettiva.

L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome non è solo un romanzo. È l’esilarante miscuglio di intelligenza, arguzia, ironia e bravura. Non ve ne pentirete.


2 commenti:

  1. ...molto bello, il tuo post. Mi piace moltissimo come scrivi, e mi è venuta doppiamente voglia di leggere il libro, da come lo descrivi. Sono una lettrice accanita anch'io, e anch'io di dicembre...per quanto il mio dicembre sia parecchio più lontano rispetto al tuo. Piacere di conoscerti!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Loredana! Grazie per le belle parole e piacere tutto mio! :)

      Elimina